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Le parole del profeta Gioele, scelte dalla liturgia del Mercoledì delle ceneri come parola d’inizio del nostro cammino quaresimale, invitano al ritorno: “ritornate a me con tutto il cuore…”. Proprio nel momento in cui il tempo liturgico desidera farci vivere un cammino di conversione (in particolar modo immedesimandoci nel popolo che ha camminato nel deserto e a Gesù nei quaranta giorni di digiuno e preghiera che hanno seguito il suo battesimo) l’invito “ritornate a me con tutto il cuore…” descrive contemporaneamente il “perché” mettersi in cammino e la sua meta. Tale punto di arrivo sarà particolarmente annunciato nella seconda domenica di Quaresima quando la luce che promana dal monte della Trasfigurazione vorrà simbolicamente illuminare non solo i discepoli presenti, ma l’intero itinerario fino al monte del Calvario. Se nella trasfigurazione “il suo volto brillò come il sole”, nella passione saremo portati a contemplare un volto sfigurato: «Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia;… eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori» (Is 53,3a.4a). Sappiamo però che questa non è stata l’ultima volta in cui Gesù si è mostrato ai suoi. Il cammino di Quaresima è preludio ad un tempo ancor più prezioso, il tempo di Pasqua; tempo in cui la prima chiesa più volte ha avuto la possibilità di sperimentare quanto i Vangeli ci descrivono: “E i discepoli gioirono al vedere il Signore. (Gv 20, 20). La luce della resurrezione, come quella del Tabor, splende sul volto dei discepoli, sul volto della prima Chiesa che, seguendo e imitando i gesti di Cristo, come leggiamo nel racconto del martirio di santo Stefano: “Videro il suo volto come quello di un angelo…”(At 6,15).

            Siamo chiamati ad un ritorno perché ci siamo allontanati. Forse non ce ne siamo resi conto ma con molta probabilità il nostro cuore, con piccoli passi – compromessi – omissioni, ha lasciato che riprendesse piede quell’intima convinzione che è bene tenersi ad una certa distanza. Amare e lasciarsi, in certi momenti, è faticoso, rischioso, e per di più sembra che oggi non convenga molto. Siamo chiamati a tornare a Lui, con tutto il cuore, con quel medesimo sentimento che più volte al giorno, nella preghiera del pio israelita, permetteva di ritrovare la giusta posizione davanti a Dio e agli uomini: “Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo! Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze…” (Dt 6,4-5).

            L’invito alla conversione assume un tono forte nelle parole di san Paolo: “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio….vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio….Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!” (2 Cor 5). Tutta la chiesa fa suo l’invito che risuona nelle nostre comunità ed è proprio grazie a questa grande famiglia che è la Chiesa che ognuno di noi, preso per mano, può associarsi all’opera redentrice di Cristo. Le medesime parole di papa Francesco invitano a questo: «…ogni anno, mediante la Madre Chiesa, Dio “dona ai suoi fedeli di prepararsi con gioia, purificati nello spirito, alla celebrazione della Pasqua, perché […] attingano ai misteri della redenzione la pienezza della vita nuova in Cristo”, (Prefazio di Quaresima 1)» (Messaggio del santo padre Francesco per la Quaresima).

            Per tre volte risuonano due affermazioni forti nel Vangelo del Mercoledì delle ceneri: “…hanno già ricevuto la loro ricompensa; …e il padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 6). Come nel tempo dell’Avvento, anche l’occasione della Quaresima sia un “tempo di ritiro”. Nelle tre esemplificazioni riportate dal Vangelo – “quando fai l’elemosina…, quando digiunate…, quando pregate…” – possa riscoprire la gioia di sapersi figli amati.

 

I sacerdoti

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Lettera ai parrocchiani

Lettera ai parrocchiani

Cari parrocchiani,

questa seconda settimana di Quaresima è iniziata in un modo insolito a seguito della situazione di eccezionalità (noi siamo in una zona a mobilità ridotta) che stiamo vivendo in questo periodo. Già negli scorsi giorni, come sacerdoti, è stato strano il celebrare la S.Messa senza partecipazione di popolo e soprattutto ieri, pur avendo celebrato in casa e aperto le Chiese per la preghiera personale, il pronunciare “il Signore sia con voi” ha richiesto una nuova consapevolezza. Sapevamo anche prima che l’Eucaristia celebrata è un evento per tutta l’umanità, non solo per coloro che vi partecipano ma in questi giorni ci viene chiesto questo passo in avanti nella fede e nella carità. Come ci ha ricordato il nostro Vescovo Massimo, ci atteniamo a quanto chiesto per aiutare la società a far fronte a questo stato di emergenza. Il cambiamento del nostro stile di vita, nelle varie privazioni o adattamenti richiesti, lo viviamo con questo spirito di carità nei confronti delle persone e nello stesso momento invochiamo per noi e per le nostre comunità il dono di una fede rinnovata. Le parole pronunciate all’inizio di ogni Eucaristia sono vere, il Signore è con voi, abita le nostre case e situazioni. Colui che ha posto la sua dimora in mezzo a noi nell’evento dell’Incarnazione chiede in particolar modo in questi giorni di essere ritrovato nelle nostre case, nei nostri luoghi di familiarità, di lavoro e incontro. Era forte in noi il desiderio di una condivisione di cammino di Quaresima con quanto avevamo programmato: le Sante Messe del mattino e della sera, la preghiera delle Lodi in chiesa, le varie celebrazioni e i vari momenti che come UP o Diocesi si erano messi a Calendario, non da ultimo l’occasione eccezionale inerente l’anniversario di S.Francesco da Paola che avrebbe previsto la presenza del nostro Vescovo nella Festa di questo nostro patrono. “Il Signore sia con voi” in tutte queste situazioni che, come desiderio interiore, amiamo pensare ancora come occasioni di incontro e comunione. Sarà differente il modo.

Vi suggeriamo di non abbandonare le abitudini di preghiera che vivevate e, per quanto è possibile, come ci suggerisce il Tempo di Quaresima, intensificare la vita spirituale accogliendo il senso di cammino verso la Pasqua tipico di questo periodo. Come abbiamo già detto, dovranno cambiare le modalità concrete.

Non potendo partecipare alla S.Messa quotidiana, vi invitiamo in quel medesimo orario a tenere un momento di preghiera. Potete leggere e meditare con calma la Parola di Dio del giorno, invocando prima di tutto lo Spirito Santo e concludendo la preghiera affidando a Maria le vostre intenzioni. Da parte nostra continueremo ogni giorno a celebrare la S.Messa con una particolare intenzione “pro populo”. Potete mandarci le intenzioni di preghiera che vi stanno a cuore e che offriremo nella S.Messa che celebriamo (mandatele a noi sacerdoti con il mezzo di comunicazione che preferite).

E’ un tempo prezioso per riscoprire la preghiera della Liturgia delle Ore. Se non avete a disposizione un breviario potete reperire i vari testi da internet (es. https://www.chiesacattolica.it/liturgia-del-giorno/).

La preghiera del S.Rosario, recitato in famiglia, la meditazione della Via Crucis e la visita in chiesa (rimarranno aperte secondo i soliti orari) sono ulteriori possibilità che potete scegliere.

La pratica del digiuno, secondo le vostre possibilità, sia occasione di preghiera e offerta (ad esempio la lettura di un testo spirituale).

Come sacerdoti rimaniamo a disposizione per confessioni, colloqui o altre esigenze.

 

La segreteria dell’Unità Pastorale in questo periodo rimarrà chiusa. Per esigenze di segreteria potete chiamare il 555392 o scrivere a segreteria@upgp2.it. Le varie informazioni utili continueremo a spedire mediante la mailing list del bollettino e saranno pubblicate sul sito www.upgp2.it.

 

Augurandoci di poter presto ritornare a dire in vostra presenza: “Il Signore sia con voi”, continuiamo a camminare in comunione.

I Sacerdoti

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L’oratorio san Giovanni Paolo II consta di una bella e consolidata tradizione. Solo l’anno scorso infatti abbiamo celebrato i dieci anni dal suo rinnovo. I nuovi locali e lo spazio esterno sono veramente riusciti a diventare casa per tanti giovani. Pensiamo che questo sia dovuto all’aiuto di tutti coloro che sono passati di qui e il nostro desiderio è che i sacrifici di queste persone e l’eredità che ci hanno lasciato non vadano persi.

Allo stesso tempo, però, constatiamo che la realtà che ci circonda sta repentinamente cambiando. Così, anche l’oratorio è chiamato a rinnovarsi nelle sue idee e nelle sue proposte. Certamente il centro deve essere sempre Gesù e il nostro impegno deve essere quello di far comprendere ai bambini, ragazzi e giovani che il vangelo è una proposta interessante anche per loro. Per far questo penso ci sia la strada maestra: prima di tutto testimoniare che la vita cristiana è una vita bella! Se siamo educatori e animatori felici, tutti prima o poi vorranno sapere la fonte della nostra felicità e noi prontamente gli indicheremo Gesù. Secondariamente, la proposta dell’oratorio deve essere integrale, cioè che guarda a tutto l’essere umano. Non è qualcosa che riguarda solo la formazione religiosa, o il gioco, o lo studio, o i talenti, o le amicizie. Ma è un luogo in cui tutto deve essere riportato ad un’unità. Ecco allora che il catechismo, l’oratorio quotidiano, il dopo scuola, la Goccia di speranza, le società sportive, gli incontri e le serate dei giovani, non sono solo belle attività o bei servizi che la nostra unità pastorale propone, ma sono la via che scegliamo per annunciare a tutti che Cristo riempie tutta la nostra vita e la rinnova.

Questo è ciò a cui desideriamo educare i tanti giovani che passano per di qui, perché pensiamo anche che questa sia la modalità per trasmettere il fascino della fede: non qualcosa che ti obbliga, ma qualcosa che ti attira per la sua bellezza e che desideri vivere in ogni ambito della tua vita.

 

Don Emanuele Sica

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JUNIOR TIM CUP 2020

Anche quest’anno i nostri ragazzi dell’oratorio parteciperanno al torneo Junior Tim Cup.
I due mister saranno Nello Sica e Valentino Punzo.
Il primo appuntamento sarà venerdì 13 dicembre 2019, presso il campo dell’oratorio.

Forza ragazzi!

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Anche quest’anno lOratorio estivo UPGPII aderisce al Bando Conciliazione Vita – Lavoro 2019.

Ecco qui di seguito la modulistica per l’iscrizione all’oratorio estivo(Grest) e ai campeggi estivi:

  1. modulo oratorio I elementare 
  2. modulo oratorio II-V elementare 
  3. modulo oratori medie 
  4. modulo campi 
  5. informativa privacy 
  6. liberatoria immagini minorenni 
  7. liberatoria immagini maggiorenni 
  8. prassi sanitaria da compilare solo per i campi 
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L’invito alla gioia tipico di questa IV domenica di Quaresima – detta “in laetare” – ci introduce nella festa che il padre dei due figli ha desiderato in occasione del ritorno del più giovane: «…facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». La cura con cui l’evangelista descrive i sentimenti, le situazioni, i dialoghi, ci permette di entrare e riconoscere quale posto stiamo abitando in questa festa. Rivestiti delle vesti più belle nel battesimo, calzati i sandali della nostra sequela e portando l’anello della nostra dignità di figli amati, partecipiamo della stessa comunione di Dio – «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo…». Riconosciamo che anche in noi abita la richiesta «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta», ma l’Eucaristia ci conferma che quando siamo ancora lontani, sulla soglia della nostra conversione, come Padre misericordioso tu ci attendi e, al minimo anelito del nostro cuore, corri incontro alla nostra umanità per abbracciarla.

Don Matteo

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In questa terza domenica di Quaresima continuiamo a camminare nel nostro percorso di conversione. Arrivati a questo punto, però, cioè dopo due settimane e mezzo in cui poniamo al centro il digiuno, la penitenza e l’elemosina, può nascere nel nostro cuore un sentimento di paura o di smarrimento perché quaranta giorni sono tanti ed è difficile mantenere i propositi fatti.

Ma ecco che davanti a questo pensiero Gesù interviene per spezzarlo: “se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo!”. Questo è l’invito che oggi ripete due volte, perché vuole insistere che ciò a cui ognuno di noi è chiamato è la conversione personale. Infatti, Gesù sa che è il nostro peccato a separarci da Dio e a tenerci lontani da Lui e sa anche che solo la nostra conversione è un vero ritorno al Padre e al suo amore. Solo nel momento in cui andiamo da Lui e gli diciamo che abbiamo peccato e che abbiamo sbagliato, noi realmente torniamo nel suo amore.

Però nonostante il nostro impegno nella conversione la paura e lo smarrimento possono rimanere perché fatichiamo a vedere i frutti. Quindi continuiamo ad avere paura del Signore, perché nel momento in cui arrivasse, noi non saremmo in grado di consegnargli nulla.

Ecco quindi che si spiega la parabola che Gesù racconta al termine del vangelo di oggi: Egli è il contadino che intercede per noi, che siamo l’albero di fichi, affinché il Signore non esprima ora il suo giudizio su di noi, ma attenda ancora un tempo di grazia perché nascano nuovi frutti in noi. Dunque, davanti al nostro scoraggiamento e al nostro fallimento Gesù interviene per intercedere per noi, per dedicarsi a noi e aiutarci a compiere ancora questo tempo di conversione, affinché possiamo realmente raccogliere i frutti della sua grazia in noi.

Don Emanuele

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In questa seconda domenica l’itinerario quaresimale, che ci porta al mistero della morte e resurrezione di Gesù, ci pone probabilmente davanti a quello che è uno dei momenti di amicizia più alti che Gesù condivide con alcuni dei suoi apostoli: la trasfigurazione. E’ un momento di intimità dove il Padre stesso interviene a rende quella situazione qualcosa che nello stesso tempo è incomprensibile ed estasiante. In questo quadro siamo chiamati insieme agli apostoli a contemplare il dono cui Dio ci mette davanti che è la sua gloria. E’ una gloria che non tiene per sé, ma che condivide noi suoi figli. E’ la prospettiva della Quaresima: se domenica scorsa abbiamo iniziato col vangelo delle tentazioni che sottolinea l’aspetto di lotta di questo tempo, questa domenica si evidenzia il motivo della lotta, la meta della lotta, ovvero la gloria di Dio. Il percorso quaresimale è un cammino di lotta, di fatica, dove il diavolo metterà in atto la sua astuzia per farci arrivare alla Pasqua il meno preparati possibile, cioè col cuore il meno disponibile possibile ad amare ciò che Gesù ha vissuto. E’ per questo che è fondamentale tenere vivo e presente il motivo della nostra fatica, l’obiettivo della nostra lotta: non il fatto che dobbiamo farcela, non il fatto che così possiamo dire di aver fatto ciò che andava fatto, non l’orgoglio o l’egoismo personale, ma la gloria di Dio, la gioia che vuole condividere con noi, il suo regno. Siamo chiamati a tenere sempre lo sguardo rivolto verso la Trasfigurazione per ricordarci che il senso di ciò che viviamo in Quaresima è racchiuso in quel mistero: Dio vuole comunicarci a noi, vuole condividere con noi tutto ciò che ha di più prezioso, vuole condividere con noi tutto l’amore di cui è capace.

don Domenico

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I domenica di Quaresima

«Il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso…», ricorda la prima lettura di oggi, «ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele…» (Dt 26). Il giardino dove l’uomo è stato posto fin dall’inizio rischia sempre di ritornare ad essere un deserto perché l’uomo dimentica di dover «abitare al riparo dell’Altissimo». Siamo chiamati alla conversione per poter ancora sperimentare e annunciare che Dio è «Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio in cui confido» (Sal 90). Quello che abbiamo pregato e chiesto nel “Mercoledì delle ceneri” – «concedi, al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male» – lo viviamo oggi in comunione con Cristo. Il Suo camminare nel deserto, tentato da Satana, diventa per noi motivo di consolazione. Sulla strada che ci conduce a Dio non siamo soli. Ogni nostra invocazione, fatica, fragilità e caduta, trova in Cristo la porta d’accesso per un rinnovato perdono, per una rinnovata umanità.

Don Matteo

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Eucaristia, quotidianità e comunione

Tre parole sono risuonate particolarmente in questi mesi nel mio cuore: Eucaristia, quotidianità e comunione. In tante occasioni, da quando come Comunità Residenziale abbiamo iniziato a muovere i passi nell’Unità Pastorale, esse hanno in vario modo risuonato interiormente e con queste brevi considerazioni desidero anche poter esprimere l’augurio per questo santo Natale. 

Tre parole che mirabilmente sono racchiuse in una delle affermazioni più importanti che san Giovanni fa nel suo Vangelo e che ha dato, in modo definitivo, senso alla storia di tutta l’umanità: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14). Benedetto XVI, commentando queste parole scrive: “‘E il Verbo si fece carne e pose la tenda fra noi’. L’uomo Gesù è l’ ‘attendarsi’ del Verbo, dell’eterno Logos divino, in questo mondo. La ‘carne’ di Gesù, la sua esistenza umana, è la ‘tenda’ del Verbo: l’allusione alla tenda sacra dell’Israele peregrinante è evidente. Gesù è, per così dire, la tenda dell’incontro – è in modo del tutto reale ciò di cui la tenda e, in seguito, il Tempio potevano essere soltanto la prefigurazione” (Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù). L’immagine evocativa di questa dimora, luogo dove Dio desidera abitare e che è la nostra umanità, le nostre relazioni e occupazioni, ci riportano alla domanda che da sempre muove il cuore dell’uomo: “Maestro, dove abiti?” (Gv 1,38). Alla risposta di Gesù: “venite e vedrete” auspico che ognuno possa fare quella grata prostrazione che i magi, e tutti coloro che nella fede ci hanno preceduto, ci insegnano. Tutti, imitando il gesto dei magi, possano accogliere l’invito che san Giovanni Paolo II, preparando la GMG di Colonia del 2005, rivolse alla Chiesa: “Cari giovani, offrite anche voi al Signore l’oro della vostra esistenza, ossia la libertà di seguirlo per amore rispondendo fedelmente alla sua chiamata; fate salire verso di Lui l’incenso della vostra preghiera ardente, a lode della sua gloria; offritegli la mirra, l’affetto cioè pieno di gratitudine per Lui, vero Uomo, che ci ha amato fino a morire come un malfattore sul Golgotha”. Come abbiamo desiderato ricordare all’inizio del nostro ministero in questa Unità Pastorale: “è Lui la grande lente di ogni conoscenza”. 

Venne ad abitare in mezzo a noi”: Eucaristia. Parlando dell’Eucaristia in occasione della sagra di settembre il nostro vescovo ci ha detto: “Dio ha voluto che in una carne umana abitasse in modo definitivo e pieno il sì al suo desiderio di creare una sola famiglia. E questo sì è stato reso possibile dal sì del Figlio”. Che bello poter immaginare che nelle nostre celebrazioni ciascuno possa dire il proprio “sì” a Cristo! Stiamo vivendo momenti preziosi di cambiamento, cercando di continuare a rendere sempre più concreto quel mandato ricevuto nel 2009 quando ci si è costituiti Unità Pastorale. Il “sì” di ciascuno di noi è un dono prezioso che Dio fa a tutta la comunità e l’Eucaristia, celebrata e vissuta, esprime in modo mirabile questo mistero di comunione: i nostri “sì” uniti in quello del Figlio al Padre. Ricordo con gratitudine (andando un po’ a memoria) le parole che don Eleuterio aveva rivolto nell’occasione di un suo anniversario di ordinazione nelle quali, con grande semplicità e profondità, spiegava che la celebrazione dell’Eucaristia rappresenta realmente il miglior modo che abbiamo, come cristiani, per rendere grazie a Dio di tutto ciò che viviamo. Continuiamo a rispondere all’invito di Cristo: “fate questo in memoria di me”, lasciando che lo Spirito possa realmente creare di tutti noi il Suo Corpo, che è la Chiesa. 

Venne ad abitare in mezzo a noi”: quotidianità. Nel periodo di Avvento abbiamo aggiunto una messa feriale al mattino presto. Oltre alle motivazioni che sono già state espresse nel settimanale diocesano “La Libertà”, questa scelta è motivata anche da un desiderio di quotidianità. In ogni Eucaristia ritorniamo a quell’istante in cui quel “Verbo” che “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” compie il gesto con cui ci ama sino alla perfezione (cfr. Gv 13,1). La logica di Dio non è fatta di eventi sporadici e non ha bisogno di tempistiche straordinarie. “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9,1). Nell’Eucaristia Dio si accosta al nostro cammino, si adatta al nostro passo, attende che lo riconosciamo come Signore e suggerisce al nostro cuore: “Non aver paura e non spaventarti, perché il Signore, tuo Dio, è con te, dovunque tu vada” (Gs 1,9). La nostra quotidianità ha bisogno di essere illuminata da queste promesse e come comunità occorre farci carico gli uni gli altri, affinché ciascuno possa sentirsi chiamato a vivere con questa grata consapevolezza quotidiana. Tutto questo ci chiede di vivere la presenza di Dio in modo sempre più famigliare e, pensando alle inevitabili fatiche che tutti, più o meno, sperimentiamo nel vincere la tentazione dell’abitudinarietà, mi permetto di richiamare di seguito un altro passaggio della catechesi tenuta dal vescovo. 

[…] penso che l’importanza dell’Eucarestia aumenti vivendola, nella celebrazione quotidiana della Messa. Certo, c’è il giorno in cui sei stanco, il giorno in cui sei distratto, il giorno in cui sei appesantito, però quella è una frequentazione con il mistero eucaristico, che ti trasforma quasi senza che tu te ne accorga. Penso che la strada migliore per accostarsi al mistero dell’Eucarestia sia vivere con semplicità la Messa. Con semplicità. Se noi stiamo attenti, le letture nella liturgia della Parola ci portano sempre all’Eucarestia, sempre. Non in modo meccanico, non perché parlino sempre di Eucarestia, ma ci portano sempre al mistero di Cristo e quindi all’Eucarestia”. 

Venne ad abitare in mezzo a noi”: comunione. Come sacerdoti è molto bello poter elevare a Dio, a nome e insieme a tutto il Suo popolo, le parole che si pronunciano in ogni preghiera Eucaristica. “Lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo” (cfr. preghiera eucaristica II). Se queste parole fossero un semplice auspicio, presto ci stancherebbero e perderemmo facilmente la consapevolezza che ancora oggi, realmente, Dio visita il suo popolo. Se in queste parole individuassimo prima di tutto un’ulteriore cosa da fare, un’azione nostra o da inserire fra le tante che compongono la nostra vita, presto rimarremmo delusi. Occorre fare spazio. Così come il tempo di Avvento vuole essere un’occasione di grazia e di conversione per andare incontro al Cristo che viene, allo stesso modo la nostra vita deve lasciar fare prima di tutto a Dio, per mezzo dello Spirito Santo. La comunione è prima di tutto un dono di Dio che si rinnova in ogni Eucaristia. È lì che nasce, si rinnova e prende nuovo slancio ogni nostra azione di comunione. Lì troviamo il punto di arrivo di ogni nostro dono e da lì, con rinnovata gioia, ritroviamo l’intima convinzione che “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). Il desiderio di comunione di Dio ogni giorno va in cerca dei nostri cuori, delle nostre azioni, delle nostre parole, quasi come se quel “farsi carne” volesse continuare nelle nostre vite. Così come la parola di Dio chiede alle nostre voci di essere proclamata, l’Eucaristia alimenti in noi il desiderio di celebrarla con la nostra vita, come offerta gradita a Dio. 

Nel “sì” di Maria, dimora di grazia nella quale il “Verbo si fece carne”, arca dell’alleanza che ci dona Gesù e ci conduce a Lui, Madre affidataci da Cristo sulla Croce, possano i nostri “sì” essere l’augurio e il dono più prezioso che desideriamo farci in questo santo Natale. 

Don Matteo Bondavalli

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